25 novembre 2008

Giornata ONU contro la violenza familiare

Ho letto il post di Nicoletta, e da lì sono rimbalzata di blog in blog, leggendo orrori che ho dovuto purtroppo più volte toccare con mano. Ho postato alla fine nel blog di Michelle, con la quale mi scuso, un commento probabilmente troppo lungo, ma che mi è uscito di getto come a volte fa la rabbia.

Lo riporto qui, con la speranza che qualcuna lo legga, perché ci sono cose che si devono sapere, anche se sono dolorose come spine, pesanti come catene e rosse come il sangue.



Scrivo ora, con un po’ di incertezza ed il cuore pesante. Perché sono donna. E sono un poliziotto. E amica di una donna vittima di violenze familiari.

Incertezza, perché è troppo facile essere fraintesa, e il cuore pesante perché ci sono cose che vorrei sapeste.

Le nostre leggi sono sicuramente arretrate, miopi e maschiliste, figlie di un codice penale pensato nel 1930 che per esempio puniva l’incesto, ovvero spesso lo stupro continuato di figlie e sorelle, solo nel caso “ne derivi pubblico scandalo”, e considerava questo orrore un reato contro la famiglia, e non contro la persona (che ne esce spesso distrutta nel corpo, nello spirito e nell’autostima).

Detto questo, purtroppo, il problema è più profondo, e nasce proprio dall’animo delle donne, che in taluni casi accettano di subire violenze indicibili senza denunciare, anche quando noi, intervenendo, proponiamo loro case di accoglienza, protezione, assistenza legale.

Non esistendo un corpo di leggi che tratti queste interazioni così complesse, spesso la violenza non può che essere trattata come pure “percosse” o “lesioni”, come si farebbe tra due estranei che litigano per un parcheggio. E se la donna non denuncia, la Polizia non può fare nulla per fermare questo massacro.

L’amica di cui vi parlavo vive da anni in questa situazione, e nonostante i miei consigli e la mia disponibilità a fornirle ogni tipo di assistenza anche tangibile, continua a tornare da quell’essere ignobile portandosi appresso la figlia piccola e condannando anche lei ad una vita d’inferno.

Queste donne per giustificarsi parlano di amore, ma questo non è amore. Non assomiglia nemmeno lontanamente all’amore. E’ l’antitesi stessa dell’amore, l’accettazione di un ruolo subordinato e privato di ogni dignità.

L’amore è pari. Chi ti ama non ti umilia, non ti ferisce, non ti diminuisce.

Questo è il mio appello. Di donna. Di poliziotto.

Abbiamo diritto alla vita, al rispetto, alla sicurezza, al riconoscimento della nostra identità. Smettiamo di essere ostaggi inermi della violenza.

Se vogliamo possiamo. Ma dobbiamo volerlo.

Alziamoci oggi. E non inchiniamoci mai più.

3 commenti:

  1. Carissima Daniela ... non scusarti di nulla ... anzi sono contenta che tu abbia scritto queste parole e gli abbia dato il giusto risalto in un post. Per l'importanza e la profondità.

    La mia esperienza è un po' diversa dalla tua ... mia sorella ha finalmente alzato la testa e si è ribellata; è fuggita con la bimba. Ma ora vive da reclusa, minacciata di continuo, offesa nei suoi averi (distruzione dell'auto e non solo), minacciata continuamente di morte.
    E' ostaggio dei giudici che dopo ben 5 denuncie di aggressione con tanto di testimoni non vogliono firmare un benedetto allontanamento ufficiale.
    Le forze dell'ordine sono inutili ... perchè non ci sono leggi ... e un uomo può perseguitare senza che si faccia nulla se non una semplice ramanzina in caserma.

    Ti racconto queste cose per dirti che ci sono.
    Che ho apprezzato le tue parole immensamente.
    Soprattutto perchè mi fai rendere conto che non tutti i poliziotti sono uguali e che grazie a Dio esistono persone come te.

    Vorrei che mia sorella avesse un'amica come te.
    Modificherò il mio post se non ti dispiace ... vorrei rimandare al tuo blog.

    Un abbraccio a te e alla tua amica.
    Michelle

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  2. Ciao Dani, questa è la terza volta che scrivo questo commento ma blogger me lo cancella non permettendomi di pubblicarlo. Ci riprovo perchè ci tengo.
    Ho lavorato per anni in uno sportello rivolto alle donne che accoglieva confidenze e denunce a parte di donne maltrattate. Veniva garantito loro aiuto economico e psicologico, assistenza legale e rifugio segreto, ma solo forse il 98% passava alla denuncia vera e propria. E' vero che c'è un vuoto legislativo ma il vuoto è soprattutto culturale.
    Un abbraccio a te cosi sensibile e alla tua amica.
    Daniela (Daniè)

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  3. ho apprezzato molto il tuo post, ma quello che mi domando è perchè quando c'è una denuncia e anche più di una ,non succede niente?! e per questo che le donne non si sentono al sicuro se denunciano, perchè si ritrovano in una situazione peggiore. So che ci sono persone che si prendono a cuore le situazioni , ma non credo che questo basti. purtroppo. Il parlarne forse aiuta un pochino a far capire a chi si trova in queste situazioni che non è da sola. che tristezza il mondo a volte....
    un abbraccio di solidarietà a te e alla tua amica

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